PRESENTAZIONE

" La vita è più ricca delle idee ". Questa frase, liberamente tradotta da Erasmo, mi è venuta spontanea quando ho letto il manoscritto del volume di storia della provincia napoletana. Non è una storia convenzionale, costruita su documenti di fondazione, su elenchi di case e liste di confratelli benemeriti. In fondo la citazione della circolare del p. Verdier del 1932 indica un obiettivo sbagliato. Il padre generale in questione invitava le province a compilare una storia delle province a fini edificanti. Per la lettura spirituale. In altre parole non incoraggiava a scavare nel passato e far rivivere i missionari con la loro vita, i loro dolori, le loro delusioni, le loro speranze, i loro sbagli. Ci sono stati conflitti, divisioni, lotte, passioni. Essendo in cammino per il " non ancora " non si può operare una separazione fra il buon grano e la zizzania, fra buoni e cattivi, fra luci e ombre. La vita di una provincia è fatta poi di tante cose: di preghiera e di predicazione, ma anche di mattoni e di denaro. Per cui le domande sono varie: com’è nata, come si è evoluta, quale orientamento ha preso?

Gli autori si sforzano di rispondere. Partono dai timidi inizi, ma mettono in luce il deciso orientamento missionario. Mentre in Francia le province devono fare i conti con i seminari e le parrocchie affidate dal Re, in Italia l’unica ragione d’essere della presenza dei confratelli furono le missioni e l’attività per il clero. La storia del microcosmo s’inserisce in quella del macrocosmo (la Congregazione della Missione in generale, per cui abbiamo due volumi di storia). A Napoli i missionari furono stimati, ricercati, ammirati per la loro dedizione e il loro disinteresse. Costruirono in misura dei bisogni e delle domande, non per un ostentato potere. Se furono chiamati ad allargare la loro presenza nel Regno delle Due Sicilie, fu perché affidabili e stimati. Dalla metà del sec. XVIII i missionari dovettero affrontare la crisi del giurisdizionalismo. I missionari risposero con la dissimulazione, la virtù di moda. Il governo Tanucci non riuscì a spezzare l’unità della Congregazione.

La provincia fu creata solo nel 1815, ma di fatto era già una realtà autonoma dal 1768. Essa espresse persone di notevole statura, capaci anche di competere con uomini dalla volontà di ferro come il generale Etienne. Su questo padre generale, definito il " secondo fondatore " della Congregazione della Missione, c’è finalmente uno studio del p. Edward R. Udovic. S’infiammò un conflitto latente dai tempi di Pierron, Watel e Bonnet. C’era la questione del mai risolto problema del trasferimento della Casa Generalizia ma anche della stessa figura dell’autorità del generale.

Seguirono anni di fatica, mentre un missionario geniale e santo, Giustino de Jacobis, apriva gli orizzonti delle missioni, in un clima di protettorato e colonialismo, a un’esperienza d’inculturazione, che aveva avuto precedenti nobili in Valignano, Ricci e de Nobili.

I due autori non cadono nell’errore di esaltare il santo e di tacere i conflitti. Se ci s’interroga anche le discussioni avevano un loro significato. Non è detto che chi difendeva la regola fosse un cavaliere senza macchia e senza paura. A volte ci si arrocca a una difesa formalista e si ignora che " la vita è più ricca delle idee ", e quindi anche delle regole, delle consuetudini, delle abitudini, dell’immagine che si vorrebbe trasmettere.

La storia prosegue squarciando il velo che vorrebbe ignorare ciò che non è producente a un’immagine ideale. Si parla di coloro che escono, di spese, di missionari che non perseverano. Di fatto i missionari di Napoli furono fedeli alle missioni, all’opera della formazione del Clero: nei Seminari, ma soprattutto con gli Esercizi Spirituali al Clero; e a un certo punto assunsero le parrocchie.

Chi scrive conosce gli archivi in cui hanno lavorato i due autori, per cui può attestare che l’opera è documentata. La bibliografia è ricca. Le appendici offrono molte ulteriori notizie. È un’opera coraggiosa. Forse non risponde al postulato di Verdier, ma viene incontro al bisogno di sapere e di capire. Non è dunque quello che presentiamo un libro bianco, ma un libro vero.

P. Luigi Mezzadri C.M.